Dati
positivi per l’industria del tessile-moda, la ripresa è arrivata: nel 2014 il
settore è cresciuto del 2,7% a 52 miliardi e per il 2015 si prevede un
ulteriore aumento del fatturato del 3,8%. Finalmente omogenea la crescita per l’intera
filiera: la parte a monte, il tessile, è cresciuto con un +2,5%, quella a
valle, l’abbigliamento-moda, con un +2,8%. Le buone notizie vengono ancora una
volta dall’export, aumentato del 3,8% nel 2014 arrivando a 28,5 miliardi pari
al 54,7% del fatturato totale; così come il saldo commerciale che è rimasto
ampiamente positivo: 9,2 miliardi. Per il 2015, grazie al modello previsionale
elaborato da Smi con l’università Liuc di Castellanza, si prevede inoltre un
aumento delle esportazioni quasi doppio rispetto al 2014, del 6,8%. Alla fine
dell’anno i 28,5 miliardi del 2014 passeranno a circa 30. Il contributo al
surplus con l’estero dell’Abbigliamento-moda-cosmetici è pari a 26 miliardi ed
è il secondo per importanza tra le “4A” del Made in Italy, dopo quello del
comparto Alimentare-vini (84 miliardi), ma prima di quello dell’Arredocasa (12
miliardi) e dell’Automazione-meccanica-plastica-gomma (7 miliardi). Queste 4A confermano la profonda vocazione italiana manifatturiera – e la coscienza
che di essa si ha all'estero – anche se sull’attivo manifatturiero della nostra economia pesa
purtroppo il passivo dell’energia e degli altri settori a minore specializzazione
in Italia. Il processo di internazionalizzazione dell'economia
italiana, di cui il tessile-moda è un
pilastro, pur esprimendo all'estero un buon dinamismo che dal
2013 ha visto triplicarsi gli investimenti italiani, continua ad avere
dimensioni strutturalmente minori rispetto agli standard europei.
Operazioni
“guida” condotte dai grandi gruppi e dalle multinazionali hanno un valore
cruciale perché tracciano le rotte sui mercati globali, seguite da un movimento
pulviscolare fatto da piccole aziende. Al di là dei buoni segnali percepibili
in questo ultimo anno e mezzo, il capitalismo italiano resta con un grado di
internazionalizzazione minore. Questa è la sua principale contraddizione: la
capacità all'estero di orientare “correnti” di merci prodotte in Italia e
l'abilità di assorbire materie prime straniere per realizzare parti essenziali
del nostro Made in Italy è unita a una minore forza – relativa – nella capacità
di andare all'estero e di attrarre capitali stranieri.